Negli ultimi anni il capitano della squadra dei rossi di Santa Maria Novella è stato Massimiliano Petragallo
di Gaia De Marco e Ambra Chiarelli
Il calcio storico fiorentino si è sviluppato a partire dal XVI secolo, quando era praticato nelle strade dai soldati per allenarsi prima di andare in battaglia. Questa tradizione si è conservata nel tempo fino ad arrivare ai giorni nostri.
Negli ultimi anni il capitano della squadra dei rossi di Santa Maria Novella è stato Massimiliano Petragallo, che ci ha ospitato all’interno della sede.
In questa intervista ci ha raccontato che, fin da piccolo, era innamorato di Firenze e del calcio storico, che era un modo per sentirsi fiorentino al cento per cento. Cosi nel 1995 è diventato un calciante e successivamente il capitano. Dato che questa passione è cresciuta con lui, la sua famiglia non è mai stata contraria, soprattutto dal momento in cui ha conosciuto le persone che girano attorno al calcio storico e ha compreso che è un gioco sano e ricco di valori.
Il calcio storico è un pieno di emozioni, infatti per Massimiliano «l’esordio è stato una delle emozioni più forti, perché da ragazzino sognavo di fare questa cosa e mai mi sarei immaginato di poterci arrivare […] ciò che ricordo di più sono le emozioni che ho provato a mettere quel costume e entrare in quella piazza».
Essendo il capitano, prima della partita, con un discorso, carica e incoraggia i propri compagni, però non sa se verrà realmente capito visto che la tensione è alta.
Purtroppo esistono tanti pregiudizi sui calcianti poiché molti credono che siano persone violente ma in realtà Massimiliano sostiene che «alla fine sei una persona normale, anzi acquistiamo dei valori che magari in altri sport non ci sono. Per esempio l’appartenenza, il legame che si crea con i compagni, quindi le persone che hai accanto sono i tuoi amici, i tuoi angeli custodi […]. Sì è vero, magari negli anni ci sono stati anche personaggi particolari. Ma dov’è che non ci sono? Ci sono ovunque ma magari qui vengono evidenziati ancora di più>».
Alla domanda se consiglierebbe a un ragazzo di praticare il calcio storico, il capitano ha affermato che il compito dei più anziani è proprio quello di trasmettere sia la passione sia il senso di appartenenza verso il proprio colore e il proprio quartiere ai più giovani.
«I miei compagni sono la mia famiglia» spiega il capitano, mentre spiega che per gli avversari c’è un senso di rispetto che va oltre tutte le rivalità che possono esistere.
Il capitano ha evidenziato che il cambiamento maggiore nel corso degli anni è stato quello dei calcianti, visto che prima erano vecchi bottegai e artigiani, mentre adesso sono principalmente fighter, pugili e rugbisti. Inoltre prima era necessario porre più attenzione in campo mentre ora c’è più rispetto sportivo verso gli avversari. È importante ricordare che i calcianti non vengono retribuiti, ma sono mossi solamente dalla passione e dal valore che danno al proprio quartiere e al proprio colore. Un ultimo dettaglio che ci ha fornito il capitano è riguardo ai simboli (oca, riccio…) che ogni calciante possiede. Questi sono gli stessi per ogni squadra ma con colore diverso; ciò lega ancor di più il calciante alla propria squadra, infatti è comune che il calciante si tatui il proprio simbolo come gesto di appartenenza.
L’articolo è stato realizzato all’interno del laboratorio “Il giornalismo in classe” al Liceo Russell Newton si Scandicci.