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«THE STONE CRUSHER» FABIO TURCHI

La forza e la determinazione di un campione

di Alessandro Tuveri e Matteo Aimonetti

Nel panorama della Boxe italiana, Fabio Turchi, detto“The Stone Crusher”, è un nome che spicca per talento e dedizione. Nato a Firenze nel 1993, ha iniziato la sua carriera dilettantistica nel 2008 disputando 115 incontri con solo 7 sconfitte. Dopodiché ha costruito una carriera solida nella categoria dei pesi massimi leggeri, debuttando tra i professionisti nel 2015, vincendo al primo round per ko. 

Con uno stile aggressivo e una grande esperienza sul ring, il pugile fiorentino rappresenta una delle figure di maggior importanza del pugilato nazionale. 

Abbiamo avuto l’opportunità di intervistarlo per conoscere meglio il suo percorso, le sue ambizioni e il suo punto di vista sul mondo della boxe. 

Ecco cosa ci ha raccontato. 

Cosa ti ha spinto ad avvicinarti al mondo del pugilato e chi sono stati i tuoi primi modelli di ispirazione? 

«Perché mio babbo Leonardo, il mio primo e più grande modello, è stato un pugile professionista e mi ha guidato fin da piccolo trasmettendomi la passione per questo sport». 

Qual è stato il momento in cui hai capito che saresti diventato un pugile professionista? 

«La passione era nel mio Dna, ma a 15 anni, durante i campionati giovanili, vincendo diversi titoli ho compreso davvero il potenziale che avevo e la direzione che il mio destino avrebbe preso». 

Qual è stata la vittoria più significativa della tua carriera e perché? 

«È stata quella della medaglia d’oro nei giochi del Mediterraneo di Mersin». 

Qual è stato il momento più difficile che hai dovuto affrontare nella tua carriera?

«È stato nel 2015, durante il torneo pre-olimpico per le qualificazioni in Azerbaijan, per ko tecnico alla prima ripresa a causa di due ferite sulle sopracciglia». 

Come ti prepari mentalmente prima di salire sul ring? Hai qualche rituale o abitudini particolari? 

«Durante la giornata del match mantengo calma e serenità; ma appena entro nello spogliatoio, attivo la ‘modalità combattimento’ concentrandomi fino a quando non sento la campana d’inizio». 

Com’è una tua giornata prima di un incontro importante? 

«La mia routine è semplice: mi sveglio, svolgo le mie attività quotidiane, mangio in modo equilibrato e mi riposo, per poi concentrarmi pienamente sulla preparazione dell’incontro nel pomeriggio». 

Come concili la tua vita sociale con il pugilato? 

«Il pugilato è sempre stato la mia priorità. Ho rinunciato a serate in discoteca e uscite sfrenate, consapevole che il sacrificio è parte integrante del successo, anche se a volte rimpiango di non aver potuto godermi appieno la giovinezza». 

Quali sono i tuoi obiettivi futuri nel pugilato? 

«Quello di sfidare di nuovo McCarthy, per riprendermi il titolo». 

Finita la carriera da pugile, ti piacerebbe allenare giovani promesse? Altrimenti cosa pensi di fare? 

«Mi piacerebbe rimanere nel mondo del pugilato, sia allenando giovani promesse o sia svolgere attività da telecronista per redazioni come Dazn o Sky». 

Cosa avresti fatto se non fossi diventato un pugile professionista? 

«Da bambino sognavo di diventare calciatore, ma il pugilato mi ha scelto. Altrimenti mi sarebbe piaciuto lavorare sempre in ambiente sportivo come personal trainer». 

Che consiglio daresti a un giovane che vorrebbe intraprendere la carriera da pugile? 

«Il consiglio che vorrei dare ai giovani è quello di dare sempre il massimo, di essere costanti e impegnarsi con disciplina. Solo il duro lavoro e la determinazione possono aprire la strada al successo».

L’articolo è stato realizzato all’interno del laboratorio “Il giornalismo a scuola” al Liceo Russell Newton.

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