L’importanza delle cose fatte bene
di Miriam Massara
Spesso sentiamo parlare di vintage, ma cosa sappiamo veramente di questo mondo?
Gli esperti presenti all’evento per appassionati di vintage di Firenze si sono resi disponibili per permettere una maggiore comprensione di quest’attività. Grazie al contributo dei nostri giovani, il vintage sta diventando sempre più presente. È comune, però, limitarsi all’apparenza, senza chiedersi quali siano le tecniche e le tendenze che caratterizzano l’attività.
Nonostante molti degli intervistati confermino di apportare modifiche ai capi, riadattandoli alla modernità o anche “customizzandoli”;,Giuliana, intenditrice e amante storica del vintage, spiega l’importanza di salvaguardare l’autenticità dei capi. La vera arte sta, per lei, nella ricerca del vintage vero, presente nelle case dei clienti. Se quindi si dovessero modificare i capi perderebbero di identità.
Seguendo quindi questo filone, ho chiesto a Stefania, un’altra esperta presente.
Qual è il processo migliore per ottenere un capo, quali sono le fonti e i canali?
«C’è un’importante ricerca tra i fornitori, perché c’è molta varietà, bisogna trovare quello che più si addice a ciò che si vuole vendere. Tanta ricerca nei mercatini, nelle case delle signore».
Come lo si salvaguarda il vintage nel tempo?
«Un capo vintage è fatto di un tessuto di altissima qualità, che non è paragonabile a quello prodotto oggi; si salvaguarda semplicemente lavandolo nella maniera corretta. Al tatto già si sente la differenza: i tessuti, i tipi di cuciture, i bottoni, le cerniere, sono di tutt’altra qualità rispetto a quanto viene fatto oggi nel fast fashion; anche se, secondo me, nemmeno nei marchi di lusso attuali c’è la qualità di una volta».
C’è stato un cambiamento di pubblico nel corso del tempo?
«C’è un pubblico diverso: un pubblico strano, un po’ perché ci sono meno soldi, il che vuol dire molto, visto che il vintage è sempre considerato come qualcosa d’élite. Prima c’erano molti stilisti che andavano a cercare il capo per prendere ispirazione e riprodurlo, ora anche giovani universitari, l’adolescente con la mamma che cerca i Levi’s degli anni ‘90.»
Proseguo il mio approfondimento con Jacopo, un giovane specialista.
Come interpreti questo ritorno al vintage?
«È molto importante, ci sono tanti capi che si dovrebbero riutilizzare per salvaguardare l’ambiente e per evitare la fast fashion, La moda è un circolo che gira, ciò che piace ora poteva piacere 20 anni fa e riutilizzarlo può essere ecosostenibile».
Stefania ringrazia le nuove consapevolezze acquisite grazie ai social media, spiegando come la corretta informazione ci possa allontanare dalla schiavitù del fast fashion.
Giuliana offre infine le sue considerazioni in merito alla situazione delicata del vintage oggi:
«Ora lo chiamano vintage ma molto non è vintage: si bara un po’. Spesso sono capi tinti, rifatti, manipolati, perché il mercato lo richiede e c’è da lavorare. Oggi una borsa Gucci usata si vende a 400 euro, io non amo questa cosa, il vintage deve avere un altro tipo di prezzo, altrimenti è inutile. Ora vogliono le firme. Non ci si lega al capo ma alla marca».
In seguito alle interviste, diventa quasi tangibile la passione che lega questi esperti a questo mondo, un mondo in cui ogni dettaglio, ogni bottone e ogni tessuto ha un’importanza inimmaginabile. Il mondo del vintage si occupa di capi veri e longevi, che raccontano vite ed epoche passate, a differenza dei capi scadenti di cui riempiamo i nostri armadi oggi. Abbiamo tutti, almeno una volta, aperto l’armadio dei nostri nonni e indossato un cappotto, tanto pesante quanto elegante, in condizioni ottime. E perché non regalare la stessa emozione ai nostri futuri nipoti?
L’articolo è stato realizzato all’interno del “Laboratorio di comunicazione, scrittura e giornalismo” dell’Università di Firenze.