Ricominciare dal lavoro per una nuova vita
di Francesco Romei
I detenuti meritano una seconda possibilità? E hanno il diritto di essere avvicinati al mondo del lavoro anche durante il periodo di detenzione?
Affrontando questo argomento con la giudice dell’ufficio di sorveglianza di Modena, Ranfagni Francesca, è emerso come sia in generale la situazione in carcere. «Si stanno sviluppando vari progetti di inserimento al lavoro, curati dagli uffici di sorveglianza, chiamati “lavoro all’esterno” (previsti dall’articolo 21 dell’Ordinamento penitenziario): alcuni detenuti, che si sono contraddistinti per un’ottima condotta, hanno la possibilità di uscire dal carcere dalla mattina alla sera in modo autonomo, per svolgere vari tipi di lavori; ottengono così – spiega la giudice – dei “gettoni di presenza” che corrispondono a una retribuzione di alcune centinaia di euro».
È la direzione del carcere a proporre al magistrato di sorveglianza questi programmi di lavoro all’esterno e il magistrato valuta i presupposti di diritto e di fatto, prima di approvare la proposta. I progetti variano quindi da istituto a istituto. Per esempio, nella casa circondariale di Castelfranco Emilia, i detenuti possono fare un apprendistato per imparare a fare i tortellini; in altri istituti penitenziari lavorano in mensa, lavanderia o in vari servizi all’interno del carcere.
Questo progetto serve anche per dare ai detenuti la possibilità d’imparare una professione che potrebbero svolgere in futuro, una volta scontata la pena. In questo modo, lo stesso tribunale che ha comminato loro la pena, li aiuterà a trovare lavoro per reintegrarsi nel tessuto sociale.
«Questi esempi – racconta ancora la giudice Ranfagni Francesca – fanno parte di una riforma di più ampio respiro, partita dal magistrato di sorveglianza Margara, che dimostra la concretizzazione, da parte delle istituzioni italiane, dell’articolo 27 comma 3° della Costituzione: l’articolo infatti sancisce che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato».
Tutti i detenuti meritano una seconda possibilità, se dimostrano di assumersi la responsabilità di un cambiamento in positivo. Tutto ciò supponendo che esista un carcere ideale dove tutti possono scontare le proprie pene: una struttura dove non ci sia corruzione, non ci siano abusi da parte delle guardie carcerarie e vengano rispettati i diritti umani di ogni singolo individuo. Di conseguenza il detenuto che dimostra questa maturità nel cambiamento può, sicuramente, essere riabilitato nel mondo del lavoro e riconquistare la sua piena dignità come essere umano.
L’articolo è stato realizzato all’interno del laboratorio “Il giornalismo a scuola” al Liceo Russell Newton.