Alla scoperta del mondo delle contrade
di Mia Giannini e Olga Dell’Agnello
Immaginate di camminare per le strade di un piccolo borgo medievale, circondati da colori vivaci, costumi storici e l’odore di prelibatezze che si diffonde nell’aria. Questo è il Carnevale di San Casciano, dove tradizioni secolari rivivono ogni anno, grazie alla passione e alla competizione tra le contrade.
Nel cuore del paese c’è una contrada che sembra sempre pronta a conquistare la vittoria. La Contrada del Leone, vincitrice per quattro volte consecutive, è il cuore pulsante della festa. Ma cosa si nasconde dietro il suo simbolo? Scopriamo insieme la storia e i segreti di questa contrada.
Le origini delle contrade sono legate a tradizioni secolari. Prima che nascesse la contrada del Leone, infatti, ne esistevano altre quattro: la Torre, che prende il nome dalla porta che la delimita; il Giglio, che richiama la strada che guarda verso Firenze; il Gallo, simbolo della zona rurale e contadina e il Cavallo, che rappresenta il borgo commerciale. Negli anni ’70, però, i cittadini di via Machiavelli, sempre stati neutri, decisero di unirsi al carnevale, creando la contrada del Leone. La via ospita la banca e il comune, perciò è stata scelta la figura del Leone in quanto simbolo di potere, rimandando al ruolo economico, legislativo e amministrativo.
Per entrare nel vivo della festa, abbiamo intervistato il capo contrada del Leone, Alessio Pastaccini.
Cosa ti ha spinto ad appassionarti a questo mondo e a diventare capo contrada?
«Mi ha appassionato fin da subito l’aspetto dell’unione. La Contrada del Leone si distingue proprio per questo spirito di aggregazione. Essere insieme è la nostra prerogativa, e il divertimento che ne deriva è fondamentale. È bello vedere come questa passione faccia bene sia alla contrada che al paese, creando un senso di comunità che ci unisce ogni anno».
Come viene scelto il capo contrada?
«La selezione avviene attraverso una procedura democratica: ogni membro della contrada, in possesso della propria tessera, può candidarsi per il ruolo, che ha una durata di tre anni. Al termine del mandato, si svolge una votazione segreta tra i membri della contrada per scegliere il nuovo capo. Solitamente è il capo contrada uscente a cercare il proprio successore, affinché la tradizione possa continuare nel rispetto dei valori della comunità . Tuttavia, un capo contrada può essere rieletto per un massimo di due mandati, ma mai consecutivi».
Trovate difficile coinvolgere i giovani e farli partecipare attivamente?
«Un aspetto importante è l’inclusione dei più piccoli. Abbiamo bambini dai 20 giorni di vita ma arriviamo a membri di quasi 80 anni. È bello vedere persone di diversa età lavorare insieme. Questo scambio intergenerazionale è qualcosa che dobbiamo preservare, è entusiasmante vedere crescere nuovi membri che portano la loro energia»
Cosa significa per te essere capo contrada e quali sono le tue responsabilità ?
«Essere capo contrada significa, prima di tutto, essere un amico. A volte devi anche ricoprire il ruolo di psicologo, ascoltare e avere sempre una parola di conforto. La mia responsabilità principale è pensare al bene della contrada, guidarla e farla crescere, sempre con un occhio al benessere di tutti i membri».
C’è un valore o una filosofia che cerchi di trasmettere ai giovani membri della contrada?
«Il valore che cerco di trasmettere è quello di volersi bene, di divertirsi sempre e di affrontare ogni situazione con il sorriso. Questo è sempre stato il mio motto: sorridere ti aiuta a superare qualsiasi difficoltà ».
Qual è il ruolo delle contrade nei rapporti sociali dei concittadini?
«L’aggregazione e l’unione sono essenziali. Le contrade sono anche un mezzo per riscoprire la storia del nostro paese, grazie alla creazione di nuovi progetti che ci fanno conoscere aspetti del medioevo che altrimenti non avremmo mai imparato. Questo è un bagaglio che ci arricchisce ogni volta».
Ci racconti un imprevisto accaduto durante uno spettacolo?
«L’anno scorso, quando si ruppero ben due timoni dei carri durante la sfilata. C’era il rischio che il carro non riuscisse a scendere in scena, perché si era rotto il giunto di collegamento delle ruote di sterzo. Un altro episodio curioso è avvenuto quando due carri che erano uniti per una rappresentazione del Tumulto dei Ciompi si divisero inaspettatamente durante lo spettacolo».
L’articolo è stato realizzato all’interno del laboratorio “Il giornalismo a scuola” al Liceo Russell Newton.