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FARE STREAMING PER LAVORO

La storia di passione per il gaming di Roberto Restori in arte Caramello Bobi

di Aurora Morinello

Cambiare vita non è mai semplice, ma a volte la voglia di realizzazione personale spinge a fare scelte coraggiose. È il caso di un giovane streamer, che ha lasciato un lavoro stabile in un’azienda di 350 dipendenti per inseguire la sua passione per il digitale e il gaming. Il protagonista di cui si parla è Roberto Restori, nome d’arte Caramello Bobi, che vive a Bergamo e ha 26 anni. 

La voglia di cambiare è stata la scintilla che lo ha spinto a intraprendere questo percorso. Dopo anni in un’azienda che produceva gomma, dove si sentiva solo un numero tra tanti, ha deciso di lanciarsi in qualcosa che lo rappresentasse davvero. «Mi pesava l’idea di dare il 100% e di essere comunque equiparato a chi dava solo il 20%» racconta. 

Lo streaming, con la sua natura dinamica e interattiva, gli è sembrato il mezzo ideale per esprimere la sua personalità aperta e sociale. Senza esitazione, ha fatto il salto. Dietro ogni buon streamer c’è un’attrezzatura ben studiata. «Uso un computer performante, due monitor, microfono, webcam, faretti per l’illuminazione e una lampada dietro di me per migliorare la qualità visiva» spiega. Non si tratta solo di estetica: un buon setup è essenziale per offrire un’esperienza fluida e coinvolgente agli spettatori. Interagire con il pubblico è forse l’aspetto più delicato dello streaming. «Non so dire come ho imparato, è qualcosa che si sviluppa con l’esperienza. Più fai live, più ti esponi e più diventa naturale». 

Per lui, la community è una vera famiglia: persone che entrano in live perché si trovano bene, si divertono e condividono momenti insieme. Tuttavia, non è tutto facile. «Esporsi significa anche affrontare critiche e insulti. Serve un carattere forte per non farsi abbattere». Lo streaming non è solo intrattenimento, ma anche una sfida mentale. «La difficoltà più grande è stata mantenere la mente lucida di fronte alle persone tossiche di Internet. All’inizio ero molto più scontroso, ma col tempo ho imparato a interpretare i messaggi senza dare nulla per scontato». Essere sempre se stessi è complicato, soprattutto quando si attraversano giornate difficili. «Anche quando non sono al massimo, cerco di sorridere e mantenere un certo atteggiamento, perché alla fine questo è un lavoro». Guardando avanti, Roberto vede il suo futuro in modo positivo. «Se non sei ottimista, non ottieni risultati». I primi traguardi su TikTok stanno già arrivando, permettendogli di monetizzare e avere più visibilità. Ma l’obiettivo finale è chiaro: trasformare questa passione in un lavoro a tempo pieno. «Ora il focus è capire l’algoritmo e seguirlo, perché è lui che decide chi cresce. Bisogna cavalcare l’onda». Dallo stabilimento industriale alla sua postazione da creator, la sua storia dimostra che con determinazione e adattabilità si può costruire qualcosa di grande, un passo alla volta.

L’articolo è stato realizzato all’interno del laboratorio “Il giornalismo a scuola” al Liceo Russell Newton.

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