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DIETRO LE QUINTE DELLA SERIE “M: IL FIGLIO DEL SECOLO”

Francesco Russo (Cesarino) ci ha raccontato la sua indimenticabile esperienza nelle riprese

di Samuele Degl’Innocenti e Samuele Mancini

Dopo la straordinaria interpretazione di Cesare Rossi, Francesco Russo ci ha raccontato la sua indimenticabile esperienza nelle riprese della serie “M: Il figlio del secolo”, cosa ha significato per lui lavorare con Luca Marinelli e Joe Wright e, più in generale, i suoi pensieri sul suo lavoro e sul mondo del cinema. D’altronde non era la prima volta che Francesco Russo si era contraddistinto per la sua bravura. Infatti, a seguito di film come “Eravamo bambini” o “A classic horror story” è arrivata la sopracitata serie tv. Abbiamo quindi intervistato con molto piacere l’attore campano che ha risposto così alle nostre domande.

È stata un’esperienza stressante oppure divertente girare la serie tv “M: Il figlio del secolo?”. E c’è un aneddoto divertente riguardo la serie che ci vuoi raccontare?
«Beh un po’ entrambe le cose, è stato faticoso perché ci sono volute molte ore di lavoro e per fare determinate inquadrature devi essere molto preciso e creativo, ma allo stesso tempo è stato bello rendersi partecipe di una macchina imponente, incontrare Joe Wright e lavorare con Luca Marinelli. Un aneddoto divertente riguarda la scena nella quale regalano un pavone a Mussolini, scena che abbiamo dovuto rifare moltissime volte perché il pavone continuava a guardare in macchina e Joe Wright non voleva che lo facesse».

Ti saresti mai aspettato tutto il successo che ha ricevuto la serie?
«Sì, me lo aspettavo perché già i romanzi dai quali è tratta la serie avevano riscosso un grande successo e quando sono arrivato sul set mi sono reso conto dell’imponenza dell’architettura e della grandezza del lavoro che c’era dietro, quindi si mi aspettavo che quantomeno la serie sarebbe arrivata bene al pubblico».

Essendo noi fiorentini, ti volevamo chiedere quanto è stato difficile imparare l’accento fiorentino per interpretare Cesare Rossi?
«Dopo aver letto le biografie di Cesare Rossi e aver visto che a dieci anni si era trasferito in Abruzzo e successivamente a Milano, il mio lavoro, in realtà, è stato quello di dare una base toscana al linguaggio per poi dargli un tipo di musicalità un po’ abruzzese e un po’ romana; ho cercato di mischiare i diversi dialetti».

Hai dovuto pensarci prima di accettare il ruolo? Avresti interpretato il tuo personaggio diversamente? E come è stato lavorare con Joe Wright?
«Non ci ho mai dovuto pensare, ho fatto i provini e appena arrivato ero contento. In linea generale, riguardo al mio personaggio, avrei tolto un po’ della sua comicità all’inizio. Essendo però questa una questione legata alla sceneggiatura, la mia interpretazione dipende molto da quella che fanno gli altri. Lavorare con Joe Wright è stata una bella esperienza, lui è molto bravo ma anche molto creativo: ogni giorno non sapevamo cosa sarebbe potuto accadere su set, poi durante i lavori, anche i più precisi, metteva sempre musica tecno».

Secondo te cosa è cambiato tra il cinema dei giorni d’oggi e quello di 50 anni fa?
«Non avendo vissuto il cinema di 50 anni fa non ti saprei dare una risposta precisa, però alcune differenze sono molto evidenti, per esempio il concetto di editorialità non c’era, mentre ora è più presente il concetto di provocazione, e quindi una serie come la nostra a quel tempo sarebbe stata normalissima».

Ci sarà una seconda stagione? E soprattutto farai parte del cast?
«Con precisione una risposta non te la posso dare perché il personaggio che interpreto, nei libri di Antonio Scurati non viene più citato,.

Però, visto il successo che ha riscosso e dato che il libro non finisce lì, sono molto fiducioso in una seconda stagione con ancora più colpi di scena».

L’articolo è stato realizzato all’interno del laboratorio “Il giornalismo in classe” al Liceo Russell Newton si Scandicci.

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