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DIETRO LA TELA

Isabella Bueno racconta il suo impegno nella tutela dell’eredità artistica di famiglia

di Allegra Danese

Difendere l’arte significa proteggerne il valore, la storia e l’autenticità. Isabella Bueno lo sa bene: figlia di Antonio Bueno e nipote di Xavier, nonché presidente dell’Associazione Culturale Bueno, dedica la sua vita alla promozione e alla tutela del patrimonio artistico di cui porta orgogliosamente il nome. In questa intervista racconta il suo impegno nella lotta alla falsificazione delle opere e allo sfruttamento illecito dell’immagine artistica dei suoi cari. 

Quali elementi ritiene fondamentali per distinguere un originale di Antonio o Xavier Bueno da una copia?

«Innanzitutto la qualità pittorica, lo stile e la finezza della realizzazione. Anche la fattura dei telai, la materia del colore e l’espressione del volto nei soggetti rappresentati sono altamente caratterizzanti. I tratti somatici, nello specifico, sono inconfondibili. Infine, le firme. Queste sono facilmente riconoscibili quando false, sia nei dipinti di Antonio che di Xavier. Più di tutti, lo stile pittorico».

Una conoscenza profonda dello stile e dell’anima dell’artista, come nel suo caso, può aiutare a percepire quasi “istintivamente” quando un’opera manca di veridicità?

«Fortunatamente sì. Nel mio caso, la percezione di trovarmi di fronte a un’opera di mio padre mi appare quasi all’istante. Non è difficile da credere se si pensa al fatto che, sin dalla tenera età, lo abbia visto dipingere e lavorare. Alle volte è sufficiente che abbia a disposizione anche un’immagine molto piccola di un suo dipinto per riconoscerne o meno l’autenticità.Vi è una finezza e una qualità pittorica che, provvidenzialmente, il falsario non riesce a imitare. Si tratta di opere normalmente molto più grossolane, rozze, che mancano appunto di raffinatezza. Un tratto, questo, che non si addice certamente a mio padre».

Quanto è difficile, dal punto di vista legale, difendere l’autenticità delle opere d’arte?

«Non è un lavoro semplice. Il primo controllo che svolgo riguarda sia le opere che le case d’asta decidono di mettere in vendita, sia quelle che circolano sul Web. Successivamente, segnalo l’opera contraffatta al nucleo dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Artistico, con sede a Palazzo Pitti, a Firenze. Se, invece, riesco a farmi spedire l’opera per esaminarla, sono io stessa a consegnarla direttamente a loro. L’iter, molto spesso, si conclude col sequestro dell’opera. Dopodiché loro avviano un’indagine. Purtroppo, nonostante io abbia già presentato diverse denunce, difficilmente si riesce a indentificare il falsario che realizza materialmente le opere. I Carabinieri infatti devono procedere a ritroso, partendo dall’ultimo acquirente fino al proprietario originario. Spesso, però, l’indagine si arena, perché, guarda caso, l’ultima persona in possesso dell’opera risulta deceduta. In questo modo, proseguire con gli accertamenti diventa impossibile».

È mai stato necessario intraprendere azioni legali per difendere il patrimonio artistico dei Bueno?

«Azioni legali vere e proprie no. È sufficiente presentare denuncia ai Carabinieri specializzati nelle falsificazioni. Ogni volta che individuano opere sospette, le sequestrano e me le sottopongono per una valutazione. Non è necessario coinvolgere un legale o avviare una causa perché, di norma, chi è stato truffato, che sia in buona o cattiva fede, finisce per rassegnarsi e consegnare l’opera. C’è sempre la possibilità che qualcuno decida di intentare una causa per mettere in discussione la mia valutazione, anche se finora non è mai accaduto. Del resto, mio padre, nel suo testamento, mi ha riconosciuto come la maggiore esperta della sua arte passata, presente e futura».

Crede che i collezionisti e le gallerie d’arte abbiano abbastanza strumenti per proteggersi o c’è ancora troppa opacità? 

«Purtroppo, manca ancora una cultura adeguata in materia. A volte accade che i galleristi finiscano per acquistare quadri falsi. Dal 2008, però, ho lavorato molto per far conoscere il nostro ruolo nelle verifiche di autenticità. Con il tempo, le maggiori case d’asta italiane hanno imparato a sottopormi le opere prima di metterle in vendita. Sfortunatamente c’è ancora chi non lo fa e cade in queste tipologie di errori. Da non dimenticare, ovviamente, la categoria dei truffaldini. In questo caso, essi evitano di sottoporci le opere di proposito. Esiste probabilmente un mercato parallelo, con prezzi molto più bassi, dove tentano di piazzare i falsi. A ogni modo, ripeto, ormai la maggioranza delle gallerie e delle case d’asta serie si rivolge a noi».

Quando circola un falso attribuito a un artista, cosa pensa sia più pericoloso: il danno di mercato o la distorsione dell’immagine pubblica dell’artista?

«Direi entrambe le cose. Il danno di mercato è grave perché viene venduta un’opera che in realtà non ha alcun valore artistico né economico. Il danno all’immagine è la cosa che più mi ferisce. Vedere quadri mal eseguiti appesi nei salotti di una bella casa o in vendita in una prestigiosa galleria, mi disturba profondamente. Non nascondo che mi faccia anche rabbia, soprattutto pensando alla memoria di mio padre».

Ci sono stati episodi recenti in cui ha dovuto intervenire per contrastare la vendita di opere contraffatte?

«Ultimamente è accaduto un caso piuttosto particolare. I Carabinieri di Monza hanno effettuato un sequestro in una galleria di buon livello, dove erano in vendita delle presunte cromolitografie di mio padre al prezzo di 440 euro ciascuna. Quando me le hanno portate, ho subito capito che si trattava semplicemente di fotografie di un suo quadro originale, riprodotte, stampate su tela e ingrandite in modo significativo. Sul retro era stato persino applicato un certificato di autenticità con la firma di mio padre, fotografato e poi stampato. Ne avevano realizzati ben 999 esemplari, senza alcuna autorizzazione all’uso dell’immagine dell’opera, che avrebbero dovuto quantomeno richiedere a noi eredi. In poche parole, spacciavano per cromolitografia quella che in realtà era una semplice riproduzione, al pari di un poster o di un manifesto, privo di un qualsiasi valore artistico. Anche in questo caso, i Carabinieri mi hanno consegnato l’opera, ho sporto denuncia e il materiale è stato sequestrato».

Al di là della questione contraffazione, quanto è importante il ruolo degli eredi nella valorizzazione del patrimonio artistico dei propri cari?

«È fondamentale che gli eredi si impegnino attivamente nella tutela del patrimonio artistico dei propri familiari. D’altra parte se non siamo noi a farlo, chi mai potrebbe occuparsene al nostro posto? Io ritengo si tratti di un dovere morale oltre che di un atto di salvaguardia del patrimonio culturale nel suo complesso. L’artista non deve essere dimenticato, ogni evento che mantiene viva la sua memoria è prezioso».

L’articolo è stato realizzato all’interno del “Laboratorio di comunicazione, scrittura e giornalismo” dell’Università di Firenze.

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