Nella vita di Kevin, con la speranza di un futuro migliore
di Alessandro Magherini
Questa è l’intervista a Kevin, un ragazzo di venti anni trasferitosi da poco meno di uno in Italia solo con sua mamma. È costretto a viaggiare per lavoro in Austria periodicamente, dove lavora come muratore e studia il tedesco. L’ho conosciuto dopo pochi mesi che era arrivato in Italia e abbiamo iniziato a frequentarci. Ho scoperto pian piano la sua voglia di vivere sereno, la sua grande volontà di lavorare, ma anche di divertirsi, propria di un ragazzo della sua età . Da quando lo conosco mi ha parlato spesso della sua vita in Colombia e di quanto sia innamorato del suo paese. Mi ha colpito molto, un giorno, quando, durante uno scambio di messaggi per sapere come stesse andando in Austria, mi ha detto che sarebbe tornato a casa, ma dopo una settimana sarebbe tornato indietro per continuare a lavorare. Io gli ho scritto che era sempre in giro a lavorare e non stava mai fermo e allora Kevin mi ha risposto: «Questa è la vita dello straniero». Questo messaggio mi ha fatto riflettere.Â
Cosa significa essere uno straniero per un ragazzo giovane, quasi mio coetaneo, con cui condivido interessi, passioni e sogni? Cosa si prova a perdere tutto da un giorno all’altro e andare dall’altra parte del mondo senza conoscere nessuno, non sapendo la lingua ed essendo consapevole di abbandonare tutto ciò che ti ha reso ciò che sei per venti anni? Alla base della mia curiosità c’erano queste domande e ho cercato di trovare risposte in questa intervista.
Quali erano i tuoi passatempi preferiti mentre eri in Colombia?
«Quello trascorso con la mia famiglia era il tempo che preferivo, adesso mi manca tanto e guardandomi indietro capisco che è la cosa più importante. Mi manca anche girare in moto, potevo andare dove volevo e c’era sempre qualcosa da fare; mi manca tantissimo la boxe, andare in palestra».
In Italia come ti stai trovando? Come sono cambiate le attività che ti rendevano felice?
«Qua in Italia sto bene perché mia mamma sta bene e può lavorare. In Colombia a 54 anni sarebbe già vecchia ma qui è giovanissima, ha un posto di lavoro, è felice e quindi anche io lo sono. Mi mancano tantissime cose di là , però qua è facile avere un lavoro, ho trovato dei buoni amici e tutti gli italiani mi vogliono bene. Sono consapevole che questa era la migliore scelta possibile per il mio futuro, anche se non sono contento al 100% perché mi manca la mia terra. Nella mia città non c’è turismo, non c’è niente, quindi, le persone sono sempre le stesse, invece qua ci sono tantissimi stranieri, ci sono italiani, inglesi, africani, giapponesi, quindi un’esperienza bellissima, a me piace questo. Qua in Italia mi rende felice uscire con le ragazze italiane (ride ndr), andare a ballare in discoteca. Inoltre, mi sento molto sicuro, posso camminare tranquillo per la strada con il telefono in mano, posso comprare una catena d’oro e non c’è pericolo; nelle strade della Colombia non puoi camminare così, è complicato. Questo è quello che mi è piaciuto di più dell’Italia e dell’Europa».
Pensi che gli italiani accolgano bene gli stranieri?
«Gli italiani con cui ho lavorato hanno sempre cercato di approfittarsi di me, non so il perché, però è quello che ho visto. Ma non tutti sono così, infatti la maggioranza degli amici di mia mamma è italiana. Sono persone che le vogliono molto bene, sono gentilissime con noi, però c’è sempre qualcuno che si vuole approfittare dello straniero».
Quindi non consideri positivamente la tua esperienza lavorativa qua, giusto?
«No, al contrario, penso sia buono qua, nel senso che è facile trovare lavoro, si lavora agli orari che vengono detti e ti pagano quando dovrebbero. In Colombia approfittano ancor più dei dipendenti, per questo è più facile lavorare qua».
Cioè, come funziona, non pagano proprio?
«O ti danno lo stipendio dopo tre, quattro mesi, tutto a nero, se ne fregano completamente».
Lo Stato italiano si impegna per l’integrazione?
«C’è tantissimo aiuto per i giovani stranieri ma da poco è stata cambiata una regola che mette in difficoltà peruviani e colombiani perché, secondo lo Stato italiano, il nostro paese non è pericoloso. È invece una bugia: non si può neanche andare in strada in Colombia da soli. Non so perché hanno cambiato questa norma ma so che l’Italia aiuta molto i giovani e le persone che si vogliono comportare bene pagando le tasse. Qui ci sono dei bravi governatori e un buon governo».
Quindi pensi che l’Italia sia un buon Paese in cui vivere?
«Sì, penso sia uno dei migliori in Europa. Anche se preferisco l’Austria nonostante il problema della lingua che è troppo difficile. Anche lì c’è tanto lavoro e la gente è ancora più gentile che in Italia: quando passo per strada le persone mi sorridono, mentre se provo a sorridere qua mi guardano male. Forse è per la cultura, non so. In Austria anche gli anziani sono molto aperti, cercano in qualche modo di farsi capire! Sempre gentilissimi».
L’articolo è stato realizzato all’interno del “Laboratorio di comunicazione, scrittura e giornalismo” dell’Università di Firenze.