Le parole di Chiara dopo l’incredibile esperienza in Africa
di Mattia Cirini e Mia Giannini
«È stata un’esperienza meravigliosa, una di quelle che lasciano il segno», le parole di Chiara Bernardi, una ragazza del Movimento giovanile costruire (Mgc) di Firenze dopo aver visitato la scuola in Senegal, da questo finanziata. Si tratta di un’iniziativa nata grazie alla collaborazione tra alcuni oblati senegalesi e altri italiani, che hanno promosso una raccolta fondi per costruire una scuola nel villaggio di Ndangane, dove prima l’istruzione era solamente un sogno a cui i bambini ambivano per non andare a lavorare. «Volevamo vedere il progetto in cui abbiamo investito i nostri soldi, portare del materiale scolastico ai bambini e con l’occasione scoprire come si vive in Senegal» sono queste le principali motivazioni che hanno spinto Chiara e gli altri ragazzi dell’Mgc a intraprendere il viaggio.
Durante quest’esperienza, i ragazzi hanno avuto la possibilità di scoprire i segreti della cultura locale e «di uscire dagli stereotipi che si creano su questa popolazione, ritenuta inferiore per il suo modo di vivere». Infatti, come ha giustamente riportato Chiara nella sua intervista «bisogna saper apprezzare le differenze e cogliere gli aspetti positivi di questa cultura, come ad esempio la collaborazione tra cristiani e musulmani e la calorosa accoglienza che riservano ai loro ospiti».
Il viaggio è durato una settimana; in questi giorni, oltre a visitare alcuni luoghi e villaggi caratteristici della zona, i ragazzi dell’Mgc hanno avuto anche l’opportunità di conoscere i locali e le loro storie, in particolare «è stato dedicato un intero pomeriggio all’intrattenimento dei bambini, con i quali sono stati fatti dei giochi e sono avvenuti degli scambi di tradizioni».
Ma il momento più alto dell’avventura è stato, secondo Chiara, la notte in cui sono stati ospiti di alcune famiglie senegalesi. «È stato indimenticabile il giorno in cui siamo stati ospitati dalle famiglie locali – racconta – ci hanno trattato benissimo, hanno cucinato tanto per noi e ci hanno fatto sentire a casa; il tipo di accoglienza che offrono è completamente diverso rispetto a quello a cui siamo abituati in Italia. Se c’è stato un momento in cui ho capito che era valso la pena fare dei sacrifici per questo progetto? Sì, nonostante mi sentissi solamente una spettatrice, mi sono resa conto della mia importanza quando le persone del villaggio continuavano a ripetermi, sorridendo, che la presenza di ciascuno di noi era essenziale per loro».
Per quanto riguarda, invece, la scuola, i ragazzi hanno avuto la possibilità di visitarla, anche se ancora non era operativa. Infatti, come racconta Chiara, «la scuola è stata aperta ai bambini soltanto nello scorso ottobre, mentre il viaggio è stato fatto a luglio; oltre a questa, è stato costruito anche un edificio per ospitare i bambini che abitano lontano e dare loro la possibilità di essere istruiti». Oggi, entrambe le strutture sono in piena attività e ospitano addirittura più di 140 bambini.
L’articolo è stato realizzato all’interno del laboratorio “Il giornalismo a scuola” al Liceo Russell Newton.